Lo sponsor della nazionale italiana di calcio è cambiato nel 2023: chiusa la ventennale esperienza con Puma gli Azzurri vestono adidas e lo faranno almeno per i prossimi 4 anni. Per la Figc si tratta di un salto in avanti notevole: l’agenzia Reuters riporta che il contratto prevede 55 milioni all’anno da parte del brand a 3 strisce.
Dalla presentazione della nuova maglia, versione home azzurra e away bianca, si capisce che i passi avanti della tecnologia di realizzazione di una divisa sportiva rendono molto personalizzabile il simbolo che dal 1910 unisce tutti gli italiani. L’azzurro appare con delle sfumature più scure che ricordano il marmo, un elemento presente nelle città e nell’arte italiana e che esprime il concetto di solidità e di fondamenta. Quelle da cui deve ripartire, si spera, la nazionale di calcio dopo due esclusioni dolore dai mondiali. Ma anche con la soddisfazione di un europeo 2021 vinto da outsider.
Se andiamo a guardare gli archivi scopriamo che la prima maglia della nazionale di calcio italiana è bianca: nel 1910, a gennaio a Milano, la prima rappresentativa batte la Francia e poi ancora per una volta gioca con divise candide. Poi arriva l’azzurro, in omaggio alla famiglia reale dei Savoia. Colore così identificativo, che dal 1932 veste tutto lo sport italiano e rimane anche dopo l’esilio dei reali nel dopoguerra.
Italia: elenco sponsor tecnici
Chi veste nei decenni gli Azzurri del calcio? Bella domanda, perché lo sponsor della nazionale italiana di calcio è l’ultimo al mondo a ricevere l’autorizzare per esporre il proprio marchio per via di una legge “olimpica”. Solo nel 1999 cade il veto e quindi si vede sulle maglie il logo del produttore. In precedenza bisogna guardare i dettagli, le foto d’agenzia, i musei del calcio, le collezioni private, i cataloghi delle aste di memorabilia e i cataloghi delle aziende.
Ho provato a fare un po’ di indagini nel corso di questi 12 anni in cui scrivo notizie per il blog. E sono arrivato a stilare una lista di aziende abbinandole ai mondiali ai quali l’Italia ha, o non ha, partecipato.
- 1930: non disponibile (non partecipante)
- 1934: non disponibile (vittoria)
- 1938: non disponibile (vittoria)
- 1950: Italo Sport
- 1954: Italo Sport
- 1958: Italo Sport (non qualificata)
- 1962: Lanificio Fedeli
- 1966: Umbro
- 1970: Atalasport e/o Landoni (finalista)
- 1974: Atalasport e/o adidas
- 1978: Baila (semifinalista)
- 1982: Le Coq Sportif (vittoria)
- 1986: Diadora
- 1990: Diadora (semifinalista)
- 1994: Diadora (finalista)
- 1998: Nike
- 2002: Kappa
- 2006: Puma (vittoria)
- 2010: Puma
- 2014: Puma
- 2018: Puma (non qualificata)
- 2022: Puma (non qualificata)
Aziende storiche: chi veste gli Azzurri nel dopoguerra
L’impresa di risalire ai tempi pionieristici dei primi mondiali del 1930, 1934 e 1938, con le Olimpiadi vinte a Berlino nel 1936, è quasi impossibile. Dal dopoguerra qualche indizio si trova, anche se non si hanno certezze assolute che tutte le maglie siano dello stesso produttore. I magazzinieri del tempo, con l’aiuto di sarte e addetti tuttofare, sono dei maghi delle soluzioni all’ultimo minuto spesso mischiando e adattando maglie e divise diverse tra loro.
Sappiamo dal catalogo Skira che l’azienda Italo Sport è chiamata in causa negli anni 50 del secolo scorso con richieste di forniture per la nazionale e a loro si deve la maglia verde usata contro l’Argentina a Roma nel 1954. Colore poi usato per tanti anni dalle nazionali giovanili, le rappresentative della “linea verde” che dovevano ambire all’azzurro della nazionale maggiore.
Sponsor della nazionale italiana: c’è, ma non si vede
Dal museo di Coverciano si capisce chiaramente dall’etichetta che il Lanificio Fedeli è stato uno sponsor della nazionale italiana e ha realizzato le divise per il mondiale in Cile nel 1962: non proprio maglie ma dei cardigan di lana azzurra. Dal sito di Umbro si deduce che al mondiale inglese del 1966 anche gli Azzurri vestano maglie realizzate dal brand del doppio diamante, che realizza tutte le divise delle nazionale finalista tranne quella dell’Unione Sovietica.
Atala è fornitore della Figc a cavallo tra gli anni 60 e 70, come ricorda anche Sandro Mazzola intervistato dall’amico e fotografo Paolo Vezzoli (anche la sua Inter di quel tempo era vestita da Atala). Nel 1974 si affaccia adidas, ma le maglie sono etichettate maglificio Landoni. Come nel 1978 sono prodotte dal maglieficio Baila. Possibile che il brand a 3 strisce fosse di supporto per tute, scarpe, borsoni, pantaloncini e calzettoni.
La maglia azzurra del Mundial di Paolo Rossi
Nel 1982 l’Italia è vestita da Le Coq Spotif e su questo non ci sono dubbi: lo si evince dalla giacca della tuta indossata durante l’inno nazionale, dalle etichette originali delle maglie esposte al museo del calcio di Coverciano e da collezioni private. Al marchio francese si deve una rivoluzione estetica che segna il tempo: il colletto a polo e soprattutto l’orlo di colletto e maniche tricolore. Questo resta lo standard dopo la vittoria al Mundial spagnolo fino al 1994. Anche quando Diadora subentra ai francesi, dopo un interregno di 5 partite con le maglie realizzate da Ennerre. Ai tempi nel 1985 un marchio che veste tante squadre in Serie A.
Dopo la parentesi italiana con Ennerre e Diadora arriva Nike nel 1995, che entra nel mondo del calcio vestendo le due finalista dei mondiali negli Usa: Brasile, tuttora sotto contratto con lo Swoosh, e Italia. Nel 1996 la famosa (o famigerata) scelta di utilizzare l’oro come colore complementare e soprattutto la scritta Italia posizionata sull’orlo inferiore e posteriore della maglia. Scandalo e polemiche.
Italia: il primo marchio sulla maglia è Kappa
Dopo i mondiali in Francia del 1998 la Figc toglie il veto all’esposizione del marchio e al tavolo per il contratto si fanno vedere Nike, adidas e l’italiana Kappa. Da outsider si porta a casa la commessa e quindi i gemelli sono il primo marchio del produttore a comparire sulla maglia azzurra. E a loro si deve, per Euro 2000, una delle maglie che segnano la storia: la Kombat. In un’epoca di maglie lucide, larghe, pacchiane nei tagli e nei colori la Kombat è attillata, minimal e con un gusto per colori e dettagli vintage.
La debacle ai mondiali nippo-coreani del 2002 però non salva il marchio italiano, con la Federcalcio intenzionata a vendere maglie in tutto il mondo. Arriva Puma, che grazie agli Azzurri si toglie due soddisfazione: di vincere per la prima volta un mondiale (2006) e un europeo (2021). In 20 anni di partnership di sono visti tanti modelli, tante interpretazioni dell’azzurro e qualche novità.
Puma: cosa rimane dello sponsor della nazionale italiana in 20 anni?
La maglia celeste della Confederations Cup 2009, sciaguratamente abbinata a pantaloncini marroni. La divisa di riserva bianca con fascia azzurra sul petto come nel 1974 per Euro 2012. Il kit verde del 2019. Adesso tocca ad adidas nella speranza di allungare la lista degli sponsor tecnici della nazionale di calcio italiana.
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