La storia della maglia della Nazionale italiana di calcio si arricchisce di una nuova pagina: la nuova maglia dell’Italia marchiata adidas, che dal biennio 2023-2024 apre la nuova collaborazione tra la Figc e il marchio delle tre strisce è stata presentata ufficialmente. Classico colore azzurro per la prima maglia e bianco per la seconda con la caratterizzazione dell’effetto marmorizzato per creare una connessione tra la nazionale di calcio e la cultura storica, artistica e paesaggistica delle nostre città. Come si è arrivati a queste ultime versioni delle divise e con quale susseguirsi di modelli, marchi e leggende metropolitane? Andiamo con ordine e torniamo indietro nel tempo.
Il debutto della nazionale di calcio italiana avviene il 15 maggio 1910, all’Arena di Milano, contro la Francia. Vittoria incredibile 6-2 per gli Azzurri che, in realtà al debutto in campo internazionale, non sono azzurri ma bianchi. Perché la scelta di questo colore? E qui inizia la storia, mischiata alla leggenda, del colore bianco poi diventato azzurro. Iniziamo dagli avversari: i transalpini giocano con una maglia rossa, come riportano le cronache francesi del tempo, perché solo dal 1919 con la creazione della federcalcio locale si opta per il blu abbinato a pantaloncini bianchi e calzettoni rossi.
1910: il debutto a Milano con le camice bianche
Il bianco della prima maglia della nazionale italiana arriva da un mix di fatti e coincidenze, come spesso avviene in quel decennio pionieristico del calcio nel nostro Paese. Iniziamo dalla logistica: avere una camicia bianca è piuttosto comune, si recupera senza problemi da parenti o amici o da un sarto. Il costo della stoffa bianca, non di prima scelta, magari di flanella, è il più basso possibile perché non c’è tintura. E poi il bianco è bianco, non ha tonalità particolarmente differenti tra un modello e l’altro.
Quindi è per questi motivi – reperibilità immediata, basso costo e facile abbinamento – che molte squadre neonate optano per la camicia bianca abbinati a pantaloni al ginocchio neri. E tra queste c’è la Pro Vercelli, la squadra più vincente nel 1910. Per questo motivo la ricostruzione leggendaria della prima maglia bianca della nazionale di calcio come omaggio alla Pro Vercelli sembra da subito molto fantasiosa. Come in realtà è: quel giorno del debutto nel 1910 non ci sono giocatori della Pro Vercelli nelle fila della rappresentativa nazionale italiana, perché squalificati dalla federazione a causa di una diatriba tra la società e i dirigenti nazionali.
I primi “azzurri” del calcio sono bianchi, perché serviva qualcosa di economico e semplice da abbinare in poco tempo. Punto e basta. Anche nella seconda partita della sua storia la nazionale italiana gioca in bianco. Dalla terza, contro l’Ungheria persa di misura 1-0, si inizia a usare l’azzurro. Perché? Anche c’è un pizzico di leggenda che si mischia ai fatti storici. La leggenda narra che, nel freddo del 6 gennaio 1911 a Milano, con la neve come cornice alla partita, bisogna usare un colore che permette agli spettatori, nel frattempo triplicati rispetto a quelli presenti al debutto dell’anno prima, di vedere i giocatori.
La storia della maglia della Nazionale italiana cambia: arriva l’azzurro
La realtà è invece diversa: l’azzurro è un omaggio alla famiglia reale, i Savoia. In araldica si chiama “fascia” il drappo di tela che viene incollato trasversalmente sopra lo scudo nobiliare: la fascia dei Savoia è azzurra e lo scudo rosso con croce bianca (e viene apposto all’altezza del cuore sulle maglie). L’Italia del calcio trova il suo colore e lo regala poi a tutto lo sport italiano a partire dalle Olimpiadi estive del 1932 a Los Angeles (nelle precedenti, a partire dal 1896 ad Atene, gli atleti italiani vestono di bianco).
Da dove proviene l’azzurro Savoia? Dal mantello della Vergine Maria tradizionalmente rappresentato di colore azzurro, a cui la casata reale del tempo è devota. Nota curiosa: con lo stesso riferimento religioso il Brasile sceglie il blu come colore della maglia di riserva per la finale del Mondiale 1958 in Svezia. Ne parliamo proprio in una puntata di “Stoffa da campioni”, il podcast di Ama la Maglia.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la costituzione della Repubblica e l’esilio dei Savoia il Coni decide ti tenere comunque l’azzurro come colore per lo sport italiano. L’unica novità è l’introduzione dello scudetto tricolore sul cuore. Impossibile recuperare, per ora, informazioni sulle maglie della nazionale dei trionfi mondiali del 1934 e 1938 e dell’oro olimpico del 1936. Per quanto riguarda il dopoguerra qualche elemento c’è tra i musei di Coverciano, varie aste e i cataloghi dei produttori.
Italo Sport, Fedeli, Landoni, Atala, Baila: local is good!
Il catalogo storico di Italo Sport, edito da Skira, pubblica un carteggio degli anni 50 del secolo scorso tra Figc e l’azienda milanese nel quale si chiede una fornitura di maglie azzurre girocollo per la Nazionale. E sempre a Italo Sport viene commissionata la famosa maglia verde usata nell’amichevole del dicembre 1954 contro l’Argentina a Roma e ritirata fuori qualche anno fa come terzo kit. Ai Mondiali del 1962 in Cile, giocati a giugno quando nell’altro emisfero è inverno, le maglie simili a dei cardigan sono prodotte dal Lanificio Fedeli.
Nel 1966, in Inghilterra, tutte le mute delle nazionali finaliste sono prodotte da Umbro: così recita il sito dell’azienda britannica. Tutte tranne una: quella dell’Unione Sovietica. Quindi diamo per buona la produzione Umbro per la maglia con scollo a V del ko contro la Corea del Nord. Ai Mondiali del 1970 sappiamo che Atala è tra i fornitori di materiale tecnico della Figc insieme a Landoni. Nel 1974 ad Atala si affianca per la prima volta uno sponsor tecnico straniero: adidas. Nel 1978 c’è ancora adidas, ma le maglie sono marchiate Maglificio Baila.
Arrivano i big: adidas, Le Coq Sportif e poi Diadora…
Come mai adidas risulta un primo storico sponsor tecnico, anche se dagli anni 70 non abbiamo cimeli e maglie che certificano questa partnership? Per via della legge olimpica italiana, che vieta l’esposizione di marchi sulla divisa azzurra. Per questo, quando dai Mondiali del 1974, le maglie delle nazionali espongono esplicitamente, per la prima volta, il marchio del produttore quelle italiane restano comunque immacolate. E anzi: mentre borsoni, tute, calzettoni e forse anche pantaloncini sono forniti da adidas si opta per maglie a girocollo anonime e prodotte da maglifici locali. C’è però una data che segna un prima e un dopo: il 1980.
La produzione delle maglie della nazionale italiana passa da adidas a Le Coq Sportif, di fatto un dirottamento di Horst Dassler, figlio del fondatore del marchio a tre strisce, che teneva i piedi nell’azienda di famiglia (l’adidas) ma per ripicca ai familiari era tra i manager dei concorrenti (Le Coq Sportif). Questi fatti sono riportati sul libro “Pitch Invasion” della giornalista economica Barbara Smit, dove si raccontano i colpi bassi della famiglia Dassler divisa tra i marchi Puma e adidas.
Le Coq Sportif: prima rivoluzione della maglia azzurra
Dopo l’Europeo del 1980 giocato proprio in Italia con la solita maglia azzurra a girocollo, da 1981 la rivoluzione estetica: compare il colletto a polo che viene bordato, come le maniche, con un orlo tricolore. Il debutto al Mundialito del gennaio 1981 in Uruguay. Ma soprattutto è la maglia del trionfo a Spagna 1982 e lo standard fino al 1993. Dopo una parentesi di 5 partite con il marchio Ennerre, la fornitura è dal 1986 di Diadora. Nel 1994 al tradizionale azzurro si aggiungono sempre più dettagli resi possibili dalle nuove tecnologie per tessere il nylon e colorare le maglie.
Nel 1995 arrivano gli americani di Nike e spostano l’asticella sul marketing per vendere maglie ai tifosi: è del 1996 la maglia con la scritta Italia sull’orlo posteriore che suscita polemiche. Dal 1999 un’altra rivoluzione: cade il veto della legge olimpica e anche la maglia della nazionale può mostrare il logo del produttore. Un modo per monetizzare più soldi da parte della federcalcio e di vendere più maglie dall’azienda partner.
Kappa entra nella storia della maglia della Nazionale italiana
Il primo logo è quello dei gemelli della Kappa, che nel 2000 stravolge le regole con la sua maglia Kombat, super aderente e dall’azzurro retrò. Dopo il disastroso mondiale nippo-coreano nel 2003 arriva Puma: tra le tante maglie ne ricordiamo di belle e di discutibili, come ovvio, ma soprattutto quelle del titolo mondiale del 2006 in Germania e del titolo Europeo nel 2021. Il lungo sodalizio si chiude a fine 2022 e dal 2023 arriva adidas.
La maglia della nazionale vive di cambi di tonalità, ma è sostanzialmente di colore azzurro. Qualche volta più scuro, come a USA 94, qualche volta chiaro, come nella Confederations 2009, una sola volta con due colori abbinati (azzurro e nero) nei Mondiali 2006. Tante volte con trame ricercate a riprodurre elementi della nostra cultura come il gladiatore dei Mondiali 2010 o l’arte rinascimentale per Euro 2021.
Per quanto riguarda i colpi di testa si registra solo una partita giocata e persa in Islanda nel 2004 con una maglia color blu notte: era la prima partita di Lippi alla guida del gruppo che poi vincerà i Mondiali 2006. La maglia di riserva è bianca, per omaggiare quella del debutto nel 1910. Proposta nel 1974 e poi nel 2012 con una fascia azzurra sul petto. Per la maglia da portiere il nero fa da padrone fino agli anni 60, poi il grigio ormai conosciuto come “grigio Zoff” fino al 2000. A seguire una girandola di colori dal verde del 1994 alla maglia dorata di Gigi Buffon del 2006.
Lascia un commento