I kit, sponsor, numeri e curiosità delle maglie della Serie A 2022-2023

Le maglie della Serie A 2022-2023: kit, sponsor, numeri e curiosità

Le nuove maglie della Serie A 2022-2023 sono ormai di pubblico dominio e in molti casi presentate e indossate nelle amichevoli estive. I big club del campionato le hanno già sfoggiate lo scorso maggio a conclusione della scorsa stagione calcistica nazionale. Facciamo il punto della situazione e andiamo a vedere curiosità, regolamenti e indicazioni generali che possono risultare utili ai collezionisti.

A livello generale, le 20 squadre di Serie A hanno da regolamento la possibilità di mettere in magazzino 4 kit per la stagione. Generalmente sono la maglia home, away, third e special per determinate occasioni o anniversari. Ma ottenere una proroga non è difficile: basta comunicarlo alla Lega con i dovuti tempi e modi. Non a caso la scorsa stagione il Napoli ha indossato ben 12 kit tra campionato e coppe: le 3 standard, 4 dedicate a Diego Armando Maradona, il kit Flame, il kit Halloween. Poi contiamo anche i 3 kit per le partite di Champions League.

Dopo lo stop ai riquadri nei quali posizionate lo sponsor principale, la novità della stagione 2022-2023 è l’abolizione del verde come colore per le seconde e terze divise. In realtà il Sassuolo continua a vestire l’home kit verde ed è previsto dal regolamento mentre il Milan veste una terza maglia verde, ma con una tonalità approvata dalla Lega. Il discorso è dunque quello di limitare la tonalità e, su un potenziale minimo di 60 maglie, ben 58 rispettano questo divieto. Il motivo? Non confondere il giocatore con il verde del prato, ma soprattutto non interferire con i cartelloni pubblicitari a LED a bordo campo. In generale il numero massimo di colori consentiti per un kit è 3 se equamente ripartiti, se sono di più deve però esserci una tonalità dominante e quindi immediatamente distinguibile.

Gli sponsor: come funziona per le maglie della Serie A 2022-2023

Passiamo al capitolo sponsor e iniziamo da quelli tecnici. In Serie A si conferma una predilezione per il Made in Italy con i brand nazionali a trainare le scelte del club. In testa c’è Macron (Bologna, Udinese, Sampdoria, Hellas Verona), poi Kappa (Fiorentina ed Empoli) e Acerbis (Spezia e Cremonese), seguono Puma (Milan e Sassuolo), Nike (Inter), New Balance (Roma), la new entry Mizuno (Lazio), EA7 (Napoli), Lotto (Monza), Joma (Atalanta e Torino), Zeus (Salernitana) e infine la scelta controcorrente del Lecce con il proprio brand. Quindi 12 club su 20 sono vestiti da marchi italiani, con i Salentini unici in autoproduzione, mentre 7 si affidano a brand internazionali. Per quanto riguarda l’esposizione dello sponsor tecnico ci sono a disposizione fino a 40 centimetri quadrati sulla maglia (divisibili in due spazi da 20 l’uno).

Adesso parliamo degli sponsor commerciali che nell’ultimo decennio sono arrivati a occupare uno spazio davvero rivelante sulle maglie della Serie A. Diciamo che da regolamento è previsto un numero massimo di 4 sponsor sulla divisa per un totale di 650 centimetri quadrati. Sono così divisibili: due frontali per un massimo di 350 centimetri quadrati, uno sul retro per 200 e uno sulla manica sinistra per 100. Dove non è possibile inserire sponsor di maglia? Sul colletto e sulla manica destra dove trova però spazio la patch del campionato di Serie A con il suo title sponsor (quindi un altro marchio commerciale).

Valore delle sponsorizzazioni commerciali? Lo scorso anno la Serie A, secondo un’indagine di StageUp, ha fatturato 335 milioni di euro, il 35% in più del 2020-2021. In totale 230 milioni dai partner commerciali, 105 dagli sponsor tecnici. Le main sponshorship, quelle frontali, valgono 173 milioni. Ma il 46% di questa cifra finisce a Juventus, Inter e Milan e il 54% per le altre. Per quanto riguarda i generi commerciali, traina l’automotive con il 30% dei ricavi totali, poi criptovalute (27%), telecomunicazioni e informatica (14%) e cibo e bevande (5%).

Perché questo affollamento di marchi sulle maglie del nostro campionato? La risposta è nella crisi del sistema calcio nazionale, con i mancati ricavi dalle attività commerciali nello stadio. Poi ci sono il calo degli incassi dei diritti tv e l’onda lunga della stagione condizionata dal Covid. Aggiungiamo anche che lo spettacolo proposto non è più di primo livello e quindi i club devono mettere in vendita pezzi delle divise sociali per incassare soldi.

Kit e numeri per la gioia dei collezionisti

I numeri di maglia dallo scorso anno sono unici per tutte le squadre di Serie A per via del font scelto dalla Lega, hanno un’altezza standard di 25-35 centimetri sulla maglia e di 10-15 sul pantaloncino. Non possono avere colorazione fluo, dorata o argentata. Stesso discorso per quando riguarda il nome del giocatore sulla schiena.

Veniamo al lato pratico della scelta delle divise da gioco: chi gioca in casa ha diritto alla scelta della maglia, chi è in trasferta di adegua ma è necessario che 3 giorni prima della partita le società compilino un modulo online sul sito della Lega selezionando la divisa tra quelle registrate a inizio stagione e successive aggiunte. A questo punto il modulo viene approvato dall’Aia, che valuta se i colori possono creare problemi all’arbitro che, a sua volta, sceglie la divisa tra giallo, nero, azzurro e viola.

Ogni calciatore ha 2 kit per partita e può cambiarsi durante l’intervallo. Spesso gli scambi di maglia tra giocatori avvengono negli spogliatoi a fine gare e non più a fine partita. A seconda del club ci sono un massimo di kit gratuiti a disposizione ogni stagione per ogni atleta, poi si paga con una trattenuta sull’ingaggio. Ci sono calciatori che non si fanno problemi e quindi mettono a disposizione le loro maglie anche per aste benefiche o richieste dei tifosi e altri che invece aspettano di arrivare verso la fine stagione per capire quante ne possono regalare.

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