La nuova maglia della Roma 2020-21 è un ritorno al passato, che mai finora era stato preso in considerazione dai vari sponsor tecnici che si sono alternati nell’ideazione dei kit per i Giallorossi. L’attenzione di Nike per la prossima stagione è sulla moda e il design come abbiamo visto per la maglia a zig-zag dell’Inter, la divisa a lisca di pesce del Chelsea o i kit con palo rosso del PSG.
Per l’home kit della Roma si è scelto l’omaggio alla “maglia ghiacciolo” che giusto 40 anni ha accompagnato la squadra nella vittoria in Coppa Italia e per due stagioni è stata un segno distintivo del club insieme al famoso Lupetto sul cuore, cioè lo stemma del club in una veste grafica nuova e audace per i tempi. Sia maglia che stemma sono opera di Piero Gratton, che purtroppo non vedrà in campo la sua creazione essendo morto lo scorso aprile.
La maglia della Roma 2020-21 per le gare casalinghe è un girocollo di colore rosso che propone sul petto una fasciatura di colori con linee di spessore diverso che vanno dal giallo, all’arancione al rosso e si ripetono sulla parte dorsale. Pantaloncini rossi e calzettoni rossi con lo stesso design colorato della maglia sotto i risvolti.
Come si nota da una foto d’epoca si tratta di una interpretazione moderna del design di 40 anni fa. Non poteva essere altrimenti, perché l’originale “maglia ghiacciolo” ha segnato la storia del calcio italiano che per quanto riguarda le sponsorizzazione tecniche. E anche se molto conosciuta, famosa e celebrata non ha una storia con un lieto fine. Seguite il racconto.
La vera storia della maglia ghiacciolo della Roma
Quadro storico: i brand come adidas e Puma ai tempi avevano altro per la testa, perché il primo era alle prese in manovre politiche con Fifa e Cio mentre il secondo era alle prese con un fallimento. Horst Dassler, capo di adidas, lasciava spesso a ex atleti il compito di fare gli accordi locali. Anche Umbro era alle prese con un passaggio generazionale come testimonia il triangolo con Liverpool e adidas. Ai tempi poi la cosidetta legge olimpica vietava in Italia l’esposizione dei marchi degli sponsor tecnici.
Caduto il divieto sulla fine degli anni 70 si assiste a una corsa di sconosciuti o neonati marchi italiani per accaparrarsi le forniture tecniche della Serie A e relativo marketing e vendite di maglie e altri oggetti ai tifosi.
Un primo strappo in avanti è di Maurizio Pouchain con il suo brand omonimo, che rivoluziona completamente il concetto di marketing legato ai club di calcio italiani mutuando il sistema Usa: stemmi che diventano loghi, maglie brandizzate e dall’aspetto accattivante per essere vendute ai tifosi. Lazio con l’aquilotto, l’Udinese con la zebra, il galletto del Bari, il Palermo, il picchio dell’Ascoli e appunto la maglia ghiacciolo della Roma sono un’esempio di questo stile che ha in Piero Gratton la mente creativa.
La maglia piace ai tifosi, ma l’idea di cambiarla ogni anno come una collezione di moda spaventa i poco preparati presidenti dei club italiani, che fomentano una campagna di stampa conservatrice e finalizzata solo a incassare la fornitura tecnica di materiale. Così l’esperimento e la ditta Pouchain finiscono nel giro di 3 anni con una clamorosa chiusura. Dopo 40 anni la giusta celebrazione con la rivisitazione della maglia della Roma 2020-21 di Nike.
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