La verità è che le divise Nba degli anni ottanta e novanta del secolo scorso erano più belle di quelle attuali. Volete una prova? Le versioni throwback delle canotte nelle ultime stagioni sono ancora capaci di regalarci un brivido: quello del ricordo di campioni inarrivabili e di un’unicità che purtroppo, nei successivi decenni, è venuta meno. È aumentato il numero delle maglie utilizzate in un campionato, ma è scomparsa la ricerca e la creatività a favore dell’uniformità richiesta dal marketing.
La serie The Last Dance su Netflix ha aiutato a portare a galla la nostalgia per le divise storiche dei Chicago Bulls di Michael Jordan e Nike. Come in un post del blog For The Win! di Usa Today anche noi proponiamo una rassegna delle migliori divise storiche della Nba.
La prima proposta è la divisa storica dei Toronto Raptors nata dall’ostinata volontà John Bitove, a capo della cordata di finanziatori che hanno portato la franchigia Nba in Canada, di voler creare un prodotto global da vendere in tutto il mondo. “L’happy meal delle maglie Nba”, chiedeva a gran voce ai designer della lega basket. E così è nata la scelta del dinosauro rosso, della canotta viola e del pinstripe a zigzag. Un’immagine talmente iconica che, anche se successivamente abbandonata, è tornata a gran richiesta per festeggiare il titolo del 2019.
Come non ricordare subito anche la divisa degli Charlotte Hornets, ai quali si sono ispirati come caso di successo i designer Nba per creare quella dei Toronto Raptors. L’autore della visual identity della franchigia nata nel 1988 è Alexander Julian, che un anno prima del debutto in campionato della squadra è stato contattato dal proprietario George Shinn: partito dal colore verde acqua (teal) e aggiunto il viola si è ispirato al pinstripe di una polo da golf che amava.
Gli Indiana Pacers sono nati nel 1967 partecipando al campionato Aba per poi confluire nella Nba nove anni dopo. A fine anni ottanta c’è bisogno di un rebranding e viene ingaggiata l’ex campionessa di atletica leggera Florence Griffith Joyner, per tutti Flo-Jo, che amava distinguersi per i suoi outfit eccentrici. Viene ingaggiata dai Pacers su proposta di una stagista e presenta una divisa diventata poi storica: il blu diventa più scuro e il giallo di una tonalità brillante; per la prima volta lo scollo è a V mentre i pantaloncini si allungano fino al ginocchio come prevedeva la moda dei college e dei playground; sul fianco destro di canotta e pantalone l’inserimento di due elementi triangolari in giallo e bianco. Dal 1990 al 1997 gli Indiana Pacers giocano e vincono (6 apparizioni ai playoff) con le mitiche maglie Flo-Jo.
Skyline jersey, rainbow jersey o tetris jersey: la divisa storica dei Denver Nuggets ha tante definizioni ma un amore condiviso dagli appassionati di basket. Il design riprende lo skyline cittadino, sullo sfondo le Rocky Mountains e un arcobaleno mentre i grattacieli sembrano pezzi del videogioco Tetris. La maglia è nata nel 1982 ed è rimasta fino al 1993 accompagnando la crescita della franchigia nella Nba con ben 9 apparizioni ai playoff (era nata anche lei nella Aba). Il design è nato grazie a un concorso indetto dalla squadra per rappresentare graficamente la vivacità della città di Denver.
Chi può scordarsi la divisa degli Atlanta Hawks con il pac-man logo? È stato il designer Bob Wages a creare lo stemma per la squadra di basket Nba nel 1972 e che viene erroneamente accostato al videogioco nato solo nel 1980. Wages studiava ai corsi serali della Georgia State University ed era appena entrato nella agenzia di pubblicità McDonald and Little. Primo incarico disegnare il logo della squadra arrivata ad Atlanta dopo un lungo pellegrinare nel Midwest. La semplicità del tondo con la testa del falco di profilo doveva rendere il logo semplice, immediato e facile da copiare per i tifosi.
Come sono nate le maglie dei Phoenix Suns usate negli anni novanta durante l’epopea di Charles Barkley: Tom O’Grady, ex designer del team Nba, è la mente creativa dietro al rebranding della franchigia dell’Arizona nata nel 1968. Arancione e viola sono i colori che richiamano i tramonti sui deserti, viene inserito il nero per far sembrare più grintoso il look e viene disegnato un sole strisciato che sorge. Successo immediato e realizzato solo grazie alle prime stampanti per stoffa sublimatiche della Holt Manufacturing, un fornitore di Champion che era lo sponsor tecnico della squadra.
La maglia degli Orlando Magic ha il merito di aver rotto un tabù nel 1988: quello del pinstripe come segno distintivo delle divise del baseball. La neonata franchigia ha una maglia con colori e logo che sono come un dardo scagliato nel cuore dei tifosi: nero, blu, stile cartoon e tanta voglia di freschezza con Shaquille O’Neil e Penny Hardaway. Se esiste la perfezione sui parquet di basket in questo caso ci siamo molto vicini.
È il classico della Nba: Lakers vs. Celtics. Due squadre che con le finali giocate negli anni ottanta hanno contribuito al rilancio della Nba in un momento di grossa crisi. Larry Bird contro Magic Johnson ma anche Kareem Abdul Jabbar, Robert Parish, James Worthy e soci. Divise storiche ma sempre attuali con la combinazione di giallo e viola dei Lakers e i numeri tridimensionali, il look dei Celtics che non hanno mai cambiato le loro divise evergreen. Non esiste di meglio, perché si tratta del passato che vale un futuro.
La maglia meno capita della storia Nba, ma che è rimasta ben impressa nella memoria dei tifosi: quella dei Detroit Pistons tra il 1996 e il 2002 che, abbandonata l’epoca dei due titoli vinti dai Bad Boys, tirano fuori una maglia color verde acqua con un logo mai visto prima. Si tratta di un cavallo nero con una scia di fuoco a rappresentare la potenza degli HP dei “pistoni” di quella che era la Motor City. Canotte sfortunate visto che il titolo 2004 è arrivato con un ritorno al tradizionale blu e rosso in ricordo degli splendori di Isiah Thomas, Joe Dumars, Dennis Rodman e soci.
Dimentichiamo per un momento il maldestro tentativo degli anni 90 di spremere un po’ di soldi ai tifosi con un rebranding copia&incolla con quello di Detroit, Houston e Atlanta. I Seattle Supersonics sono nati nel 1967 e poi traslocati a Oklahoma City prendendo il nome di City Thunders. Ma quelle maglie verdi con l’arco bianco e dettagli in giallo sono un ricordo indelebile: soprattutto l’arco dorsale con il naming dei giocatori. Tornerà una franchigia Nba a Seattle e giocherà con una divisa che ripropone gli storici colori e design? Al momento ci sono solo chiacchiere e non si vede all’orizzonte una soluzione.
Se pensi a Kevin Garnett la prima immagine che viene in mente è vederlo su un parquet con la maglia nera dei Minnesota Timberwolves. La franchigia debutta nella Nba nel 1989 con una look davvero piatto con la testa del lupo con gli occhi verdi (forse l’unica nota di colore). Nel 1996 il rebranding ed è un colpo di pistola: verde, blu e nero. La testa del lupo mai così aggressiva (con gli occhi gialli), l’introduzione dei coni verdi per rappresentare le foreste di pini del Minnesota. Un lettering che strizza l’occhio ai comics, ma non per bambini. Davvero tutto perfetto con 8 apparizioni ai playoff in 12 stagioni.
Il logo dei Jazz con la nota musicale rimane a mio parere il migliore in assoluto per la franchigia nata in Louisiana e trasferita da New Orleans nello Utah, a Salt Lake City, nel 1979. Però la divisa viola usata dal 1996 al 2004 con il profilo delle montagne e il fiocco di neve sui pantaloncini ha qualcosa di magico. Ricorda sicuramente il miglior periodo sportivo della squadra guidata dalla coppia Stockton-Malone con le Final Nba giocate e perse nel 1997 e 1998 contro i Chicago Bulls di Michael Jordan.
Chiudiamo con la maglia nera pinstripe dei Chicago Bulls della stagione 1995-96. Una one-hit-wonder, perché si è vista in campo per un solo campionato e poi sparita per far posto a una versione completamente nera con il cambio del fornitore tecnico della squadra da Nike a Champion. Nota statistica: questa divisa storica vale un 72-10 in stagione, la miglior striscia di vittorie della franchigia.
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