La maglia rossa del Liverpool è un’icona del calcio mondiale e la recente storia della sponsorizzazione tecnica nasconde dei retroscena gustosi. L’ultimo, in ordine di tempo, è la causa persa dall’attuale fornitore New Balance: i giudici britannici hanno dato torto alla presunta prelazione del brand che lascerà così il posto a Nike, a partire dal giugno 2020. Resta da vedere se la stagione 2019-20 si concluderà con la (probabile) vittoria in Premier League dei Reds in campo con le divise griffate NB. O se lo Swoosh si troverà nel posto giusto (Liverpool, stadio di Anfield) nel momento giusto (il titolo manca da 30 anni). A quanto pare è questione di fair play e dalle parti di Nike ci tengono a far sapere che “la stagione si chiuderà con le maglie previste dagli accordi in essere a inizio del campionato”.
Ma, se andiamo indietro nel tempo, ci sono un paio di episodi curiosi legati alla sponsorizzazione tecnica del Liverpool e vengono citati nel libro “Pitch Invasion: Adidas, Puma and the Making of Modern Sport” (Penguin Books) di Barbara Smit. Siamo nel 1981 e il dominus del calcio mondiale è Horst Dassler, figlio di Adi Dassler fondatore del marchio adidas. A capo di adidas France, l’erede Dassler manovra la politica sportiva e tira i fili ai piani alti di Uefa, Fifa e Cio (il Comitato Olimpico Internazionale).
Ai tempi il Liverpool era vestito da Umbro, il marchio inglese dei fratelli Harold e Wallace Humphrey (Humphrey Brothers Clothing). John, figlio di Harold, era ben introdotto ai piani dirigenziali dei Reds e aveva sempre trattato direttamente la fornitura in una sorta di circolo del “made in England” che guardava con scetticismo i marchi stranieri e soprattutto quelli tedeschi (erano tutti figli della Seconda guerra mondiale). Per lui adidas era solo un partner commerciale del quale aveva un contratto di distribuzione sul mercato britannico per le scarpe da calcio, il vero punto di forza del marchio con le tre strisce e che aveva spazzato via nel Dopoguerra le antiquate scarpe con tacchetti britanniche. Un accordo nato nel 1966 alla vigilia dei Mondiali inglesi per vincere la fornitura di materiale tecnico destinata al comitato organizzatore (per vestire il personale di servizio) strappando la commessa a Bukta e Gola: Umbro per la parte tessile (maglie, pantaloncini e tute anche della squadra nazionale), adidas per le scarpe (comprese quelle con i tacchetti).
adidas vs. Umbro: l’origine del complotto
Dopo un decennio dall’accordo commerciale tra le due aziende, verso la fine degli anni settanta, gli eredi Humphrey e Dassler sono ai ferri corti. Horst fiuta l’affare della sponsorizzazione tecnica legata alle maglie da calcio e del merchandising con la vendita ai tifosi delle repliche. John, tranquillo come un buon britannico seduto sugli agi dello status qui, concede al socio in affari la possibilità di vestire Nottingham Forest, Birmingham City e Ipswich Town: squadre della First Division, ma ben lontane dai fasti soprattutto europei dei Reds. Alla sua morte nel 1978 lo scatenato Dassler tenta il colpo di prendersi il Liverpool percependo le reali difficoltà aziendali di Umbro, che facevano affidamento alla figura del carismatico John. Ma il club resta legato al brand con il doppio diamante e non viene sedotto dalla tre strisce: la doppietta 1978-1979 in Coppa Campioni, esibendo il logo dorato di Umbro, era una sufficiente garanzia di “made in England”.
La sera della finale di Coppa dei Campioni 1981 a Parigi tra Liverpool e Real Madrid, squadra vestita da adidas, va in scena il colpo di mano di Horst Dassler: grazie alle sue conoscenze, maturate nei decenni precedenti come fornitore dei comitati organizzatori, fa pressioni sui dirigenti Uefa e sull’arbitro per convincerli che le sponsorizzazioni sulle maglie sono vietate dal regolamento e che il decisore aveva previsto l’assegnazione del trofeo in una gara di finale senza nessun marchio commerciale sulle divise dei calciatori (quindi anche le tute). Del resto, porta come dimostrazione della sua tesi, il Real Madrid aveva coperto con del nastro chirurgico bianco il trifoglio sulle maglie. Quindi lo stesso avrebbe dovuto fare il Liverpool per il doppio diamante Umbro.
La mossa è perfida, ma geniale: Horst sa benissimo che le tre strisce adidas sono comunque presenti e visibili sul campo anche coprendo il trifoglio, perché sono di colore viola sulle spalle e maniche, pantaloncini e calzettoni della divisa bianca del Real Madrid. Inoltre ben 13 giocatori in campo (11 madridisti e 2 del Liverpool) calzano scarpini neri con le tre strisce bianche. Mentre di Umbro non c’è traccia se non occasionalmente quando si stacca il cerotto dalle maglie di Airtex, uno speciale cotone usato fin dal 1970 per rendere le divise più leggere e traspiranti. La scusa per i giocatori inglesi del Liverpool che apprendono la notizia quando erano già negli spogliatoi: “restrizioni tv imposte dalla Francia”.
Liverpool, la maledizione adidas in Coppa Campioni
Il diabolico Dassler vuole dimostrare ai dirigenti del calcio europeo e mondiale come le tre strisce fossero meglio esposte e visibili anche in barba ai rigidi regolamenti sugli sponsor tecnici della Uefa. Questa abile mossa tattica dell’ultimo minuto non evita la sconfitta del Real Madrid per 1-0 contro il Liverpool, ma non era questa la strategia del burattinaio. Mai domo, Horst tenta ripetuti assalti alla dirigenza dei Reds, che finalmente si convince a non rinnovare la fornitura con Umbro a partire dal 1985-86. Come si fa per il “made in England” che tanto sta a cuore ai tifosi? adidas si impegna a produrre i kit, almeno quelli riservati ai giocatori, in una fabbrica tessile vicino a Liverpool.
Ma qui entra in scena il secondo colpo da maestro di adidas, che approfitta del momento di difficoltà di Umbro per la stoccata finale: pagare un indennizzo e vestire i Reds nella finale di Coppa dei Campioni del 1985 a Bruxelles contro la Juventus. Debutto della sponsorizzazione nel momento più alto della stagione con la possibile quinta vittoria in soli 8 anni. Ma qui la storia è drammatica, perché la première è la notte dell’Heysel con la strage del 29 maggio nella quale trovarono la morte 39 persone delle quali 32 italiani (e oltre 600 feriti).
Tante manovre sottobanco da parte di Horst Dassler per portare a segno la sua volontà di sponsorizzare il Liverpool. Ma il destino ha previsto per lui un triste epilogo e una sorta di “maledizione” per adidas (finita nei primi anni novanta ad altri proprietari per la vendita delle quote di tutti gli eredi Dassler). Horst muore nel 1987 senza vedere il Liverpool alzare la Coppa dei Campioni. Anche il marchio adidas non ha questa soddisfazione visto che la fornitura termina nel 1996 per poi riprendere tra il 2006 e il 2012 dopo la parentesi Reebok (che nel 2005 viene acquisita dalle tre strisce, quindi tecnicamente un pezzo della vittoria contro il Milan a Istanbul è anche suo).
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