Data: 6 novembre 1869 Location: New Jersey, Usa. Tra le università di Rutgers e Princeton si gioca la prima partita ufficiale di football americano tra atenei. Già dal 1861 si giocano partite di uno sport rudimentale derivato dal rugby a XV, ma siamo ancora nell’ambito delle sfide “in famiglia”. Il più famoso e amato sport con l’aggettivo americano è anche uno dei più regolati a tavolino.
Già nel 1873 si inizia a capire che servono regole uguali per tutti per unificare il gioco. E si inizia a parlare di sicurezza, perché i feriti e morti in campo non sono una rara eccezione. Tanto che nel 1905 un regolamento ancora troppo abbozzato porta alla morte di 18 giocatori e al ferimento di altri 150. Interviene anche il presidente degli Stati Uniti, Theodore Roosvelt, ma fino al 1920 si muore ancora giocando a football.
Regola numero uno: la sicurezza per garantire la massima protezione a giocatori possenti e lanciati in corsa verso il touchdown. Dalle cuffie rinforzate dei pionieri negli Anni 20 fino ai caschi con radiolina incorporata ecco come l’equipaggiamento del football americano si è evoluto negli anni.
E in oltre un secolo si è evoluto soprattutto per quanto ritarda l’equipaggiamento e le protezioni dei giocatori. L’elemento più iconico del football americano è il casco. La nascita dello sport si data circa nel 1869 come abbiamo scritto prima, ma la protezione per il capo si vede per la prima volta nel 1893 come riporta il magazine dello Smithsonian Institution: la partita è Army vs. Navy, cioè Esercito contro Marina.
I caschi entrano nell’equipaggiamento del football americano
L’ammiraglio Joseph Mason Reeve è un veterano del football americano e uno dei giocatori di quella partita nel 1893. Ma aveva un grande problema di saluta per via dei tanti traumi alla testa ricevuti in carriera. È a un bivio: giocare e prendere l’ennesima botta in testa significa “insània fulminante”: in altre parole demenza giovanile.
Determinato a giocare la partita, l’ammiraglio ordina al calzolaio una berretta di fustagno (stoffa grossa di cotone o di lana morbida) con una protezione per le orecchie. A questo episodio si rimanda la nascita del casco: Reeve, soddisfatto della protezione, lo fa diventare una dotazione dell’equipaggiamento militare durante la Prima guerra mondiale.
Con le evoluzioni del caso, perché già nei primi anni del 1900 il fustagno lascia il posto al cuoio che diventa sempre più spesso e resistente per proteggere la testa dei giocatori. Ma non obbligatorio nell’equipaggiamento del football americano, tanto che la stampa e i tifosi irridevano i giocatori in campo dicendo che giocano con “dei guanti da boxe in testa” o che sono delle “teste di cuoio”. Non proprio due complimenti e paragonabili al nostro “11 giocatori in mutande” per quanto riguarda il calcio.
Siamo agli Anni 20 del secolo scorso: quelli raccontati nel simpatico film “In amore niente regole” di George Clooney (nella foto di apertura, che interpreta un maturo giocatore ispirato a Red Grange) dal titolo originale “Leatherheads”, cioè teste di cuoio con riferimento proprio ai caschi dei giocatori di football.
Il football americano diventa più sicuro con i caschi di plastica
Anno importante è il 1939: John T. Riddell usa per la prima volta la plastica al posto del cuoio per fabbricare i caschi del football americano. Ma la Seconda guerra mondiale ferma la produzione di massa per via delle materie prime scarse e del costo di produzione. Nel Dopoguerra tornano in produzione affrontando per la prima volta i problemi veri di collaudo: i caschi di plastica si rompono dopo lo scontro.
Eccoci nella decade con l’evoluzione più rapida del casco per i giocatori di football americano. La Nfl vieta quelli di plastica della Riddell per ovvie ragioni di sicurezza, ma obbliga nel 1943 tutti i giocatori in campo a indossare un casco di cuoio.
Tornano sulla scena i caschi di plastica, ma con una resistenza maggiore e così entrano stabilmente nel corredo del football americano a partire dal 1949. Ma già nel 1948 l’halfback Fred Gehrke
dei Los Angeles Rams disegna sul suo casco le corna dell’ariete: si tratta del primo caso di decorazione nella Nfl. Diventerà poi una regola fissa.
Tra gli Anni 50 e 60 si sviluppano varie maschere di protezione per il volto soprattutto per proteggere i quarteback. Si inizia con una barra per il mento grazie al pioniere Joe Berry dei San Francisco 49ers. Nel 1956 si introduce la tecnologia delle telecomunicazioni con i Cleveland Browns che equipaggiano i caschi con le radio. Nel 1962 le barre per proteggere il volto dei giocatori diventano due e vengono adottate da tutti.
Nei 60 e 70 l’evoluzione riguarda soprattutto l’assorbimento dei traumi alla testa. Si aggiungono imbottiture e schiume per aumentare la sicurezza. Ma i caschi iniziano a pesare: salvano i giocatori dai traumi diretti, ma non da quelli indiretti come i colpi di frusta al collo. Si lavora per alleggerire il peso, quindi si abbandona la plastica per il policarbonato (maggiore resistenza e minore peso) negli Anni 80. Compaiono le visiere schermanti per il sole o la luce dei riflettori e sono scure: affascinanti ma la Nfl le vieta con un regolamente che le tollera solo trasparenti.
Ma la necessità negli ultimi 30 anni è quella di una sempre maggiore sicurezza per le concussion, la commozione cerebrale. Nel 2017 è stato pubblicato sul Journal of the American Medical Association uno studio sui cervelli di 111 ex giocatori della Nfl (presi in considerazione tutti i ruoli): 110 erano malati per le gravi conseguenze che ha il football americano su chi lo pratica ad alto livello. Responso: encefalopatia traumatica cronica (CTE), una sindrome causata dall’accumularsi di ripetute commozioni cerebrali.
I sintomi sono diversi e vanno, a seconda della gravità, da deficit di attenzione e disorientamento a demenza, vertigini, difficoltà nel linguaggio, perdita della memoria, depressione, scatti d’ira e alterazione della personalità. I sintomi possono presentarsi anche anni dopo il ritiro del giocatore. Non ci sono ancora prove, ma è possibile che la CTE sia la causa anche di tendenze suicide.
Proteggere il cervello, lasciare totale libertà di movimento ai giocatori e un aspetto davvero cool. Queste le 3 linee guida della nuova produzione di caschi da football americano, perché siamo certi che ci sia sempre una vocina che parla nell’orecchio di giocatori e tifosi dicendo: “leatherhead, teste di cuoio”. Se nasci negli Usa e parli di football non puoi essere messo in ridicolo.
Ci sono 4 aziende impegnate in questo momento nella produzione e fornitura di caschi da football americano alla Nfl: Schutt (la pioniera fondata 102 anno fa), Riddell, Xenith e Vicis (la start up agguerrita in campo da meno di una decade). In 10 anni il costo è passato in media da 150 dollari a 350 fino ai 1.000 per le soluzioni più evolute. Un mercato redditizio anche nel caso di abbandono da parte dei giovani di questo sport: secondo un report della BBC Research arriverà nel giro di 10 anni a 280 milioni di dollari.
Ma nessuno dei modelli presenti ora sul mercato garantiscono al 100% l’incolumità dal trauma cranico. La sicurezza viene certificata dalla aziende stesse e non da un ente regolatore, quindi si tratta solo di una leva di marketing. Prossima tappa dell’evoluzione dei caschi da football americano è dunque quello della sicurezza al 100% garantita dalla scienza dopo test accurati e uguali per tutti i modelli.
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